Tareke Brhane, presidente del Comitato Tre Ottobre: «Dall’Eritrea stringendo 3 caramelle ho inseguito il sogno di un futuro migliore»

Un racconto struggente, la testimonianza di Tareke Brhane, sopravvissuto alla traversata del Mediterraneo quando era giovanissimo, nel tentativo di raggiungere il miraggio Europa. Oggi con la sua associazione che porta il nome di una delle più terribili stragi al largo di Lampedusa, porta il suo messaggio di speranza e inclusione a studentesse e studenti di tutto il mondo.


di Nadia Micalizzi

Non è l’unica storia di migrazione sentita, ma una di quelle in cui la crudeltà del mondo si può scorgere attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta, attraverso gli occhi di chi ha sofferto e di chi soffre ancora; una storia in cui la realtà ti colpisce con una spietatezza tale da non riuscire a trattenere le lacrime.

La strage del 3 ottobre è una data significativa per tutte le date macchiate da tragiche morti in mare. Sono 368 le vittime, compresi bambini e donne, una di esse incinta, tutte inizialmente registrate con solo numeri, quasi come se non si trattasse di persone. È forse proprio questo il problema delle tragedie che si ripetono con una spaventosa quotidianità: spesso ci si dimentica l’esistenza e l’umanità di quelle persone.

Tareke Brhane, presidente del Comitato Tre Ottobre, si impegna da allora, ogni giorno, in favore delle persone disperse in mare e delle loro famiglie, cercando di proteggere la loro dignità e difendere i loro diritti, per non non obliare le loro lacrime e le loro tragedie; la crudeltà di questo mondo. La storia di molte di quelle persone è anche la sua storia.

«Ho il passaporto per andare ovunque, tranne nel mio Paese, non potrò tornarci mai più», queste sono le parole di Tarake, ospite qualche settimana fa del Liceo “Archimede” di Acireale.

Costretto da giovanissimo a lasciare il proprio Paese d’origine, l’Eritrea, nell’Africa Orientale, Tareke si mette in viaggio con la madre verso l'Europa; una di quelle scelte che cambiano radicalmente la vita e, come tutte le decisioni di questo tipo, ardua e disumana; una scelta che può fare solo chi ha il coraggio di abbandonare tutto per un futuro incerto ma che sa già essere migliore. Sono molte le volte in cui pensa di non farcela perché le paure dentro di sé sovrastano le speranze per il domani sino a non sapere neanche più per cosa continuare a sperare. Ma Tareke questo futuro lo raggiunge. Ha camminato per tre giorni nel deserto, senza potersi fermare grazie all’ultimo dono ricevuto da sua madre: tre caramelle. Successivamente ha dovuto attraversare l’intero Mar Mediterraneo, con le urla dei suoi compagni che rimarranno per sempre nella sua memoria insieme a tutte le preghiere dette sperando di non annegare, ma la riva è difficile da vedere se si è in una tempesta e ad un certo punto il pensiero della morte prende il sopravvento. Per fortuna però la tempesta passa e la riva è raggiunta. 

È forse proprio questo che ci insegna Tareke: «La tempesta finirà» perciò vale la pena continuare a sperare se ci si crede davvero, vale la pena provare a realizzare i propri sogni, vale la pena studiare, perché studiare è un’opportunità e non un obbligo, perché c’è chi deve chiudere i propri sogni in un cassetto e gettare per sempre la chiave. 

Tareke ci insegna che la cosa più preziosa e significativa che potremmo mai fare nella nostra vita è vivere! Vivere davvero apprezzando ogni istante e ogni piccolezza perché niente è scontato.

«Il rimpianto più grande della mia vita è aver dato per scontato la scelta di mia madre e non averla potuto ringraziare come avrei dovuto», sono ulteriori commoventi parole di Tareke, che ad oggi non solo ha il coraggio di vivere, ma ha il coraggio di raccontare, di rivivere i suoi rimpianti, i suoi dolori e far sì che gli altri li vivano attraverso i suoi occhi. 

Tareke avrebbe tanto voluto fare il pilota e invece ha dovuto guadagnarsi persino la vita, ma oggi vola in giro per il mondo a moltiplicare la sua testimonianza di speranza.

Nel 2014 il suo impegno è stato finalmente riconosciuto e premiato, in occasione del Summit mondiale dei Nobel per la pace, a Roma, ha ricevuto la medaglia per l'attivismo sociale,  "per essersi dedicato ad attività di sensibilizzazione sul tema dei rifugiati in Italia e per aver fondato il Comitato Tre Ottobre, con lo scopo di preservare la memoria di tutte le persone morte in mare nel tentativo di fuggire da guerra e persecuzioni e di tutti coloro che, anche a rischio della propria vita, salvano quella degli altri". 

Tareke Brahne ha fatto breccia nei cuori e nelle menti degli studenti e delle studentesse del Liceo "Archimede", come attivista e come cittadino dell'Italia e dell'Europa che vorremmo. Essendo lui stesso un rifugiato, rappresenta un  esempio positivo di integrazione nella società dell'accoglienza.

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