E tu, credi a Babbo Natale?
Arianna Finocchiaro
A due anni i bambini non vengono ancora sfiorati dall’idea di Babbo Natale:
il Natale è solo un periodo della loro breve esistenza in cui ricevono più
giocattoli da mettere in bocca, rompere o maciullare.
A tre anni iniziano a sospettare che quel vecchio panciuto e barbuto
vestito di rosso è il motivo per cui ricevono quei pacchetti sotto l’albero.
Nella loro testolina appare sempre più chiaro un breve schemino: uomo panciuto
uguale regali, regali uguale cose buone, quindi uomo panciuto uguale uomo
buono.
Da lì, crescendo, inizieranno a scrivere letterine sempre più articolate,
con liste di desideri più lunghe di quelle della spesa della mamma per il
cenone, impareranno (quasi) a cantare le canzoni di Natale in inglese, e
inizieranno ad aspettare Babbo Natale svegli la notte, per poi finire
addormentati sul divano.
Poi arriva il fatidico momento che nessuno riesce mai ad identificare, ed è il punto esatto in cui la magia si incrina. Quel momento imprecisato, vicino all’inizio della pubertà, in cui tutti i tasselli del puzzle si mettono a posto da soli: Babbo Natale che ogni anno continua a sbagliare luogo in cui consegnare parte dei regali, perché ogni anno ci sono dei pacchetti con sopra il proprio nome sotto l’albero della nonna; quella lettera messa anch’essa sotto l’albero con la scrittura molto simile a quella della mamma; quell’uomo che appare la notte del ventiquattro o la mattina del venticinque esattamente quando papà non c’è. Non importa come, ma in tutti, alla fine, scompare la luce della magia, e tutti, alla fine, vi diranno che Babbo Natale è una storia per bambini. Nessuno ci crederà più una volta cresciuto. Il Natale diventerà solo una pausa da una scuola stressante e noiosa. E il ventuno dicembre potrà significare unicamente che manca solo un giorno ancora per poter dire di essere sopravvissuti a ben tre mesi di scuola.
Per i ragazzi del Liceo Archimede, in particolare, vorrà anche dire che
finalmente potranno assistere al concerto di Natale, quel concerto di cui ormai
le prove da settimane risuonano in tutte le aule. I professori, al contrario,
non l’hanno presa molto bene. Loro, ancora più lontani dei ragazzi dalla magia
del Natale, vorrebbero solo continuare le proprie lezioni, e non accompagnare
gli alunni in aula magna.
I posti a sedere sono già mezzi occupati. I più giovani non sanno che
aspettarsi, e, mentre cercano posto, scommettono sulla qualità della musica che
ascolteranno. Gli insegnanti, invece, si aggregano ai colleghi al margine della
sala, e aspettano, in piedi e a braccia conserte, l’inesorabile inizio. Due
rappresentanti d’istituto corrono veloci lungo i lati della sala a chiudere le
tende, e l’aula si fa nera.
Forse è lì che ricomincia ad apparire la magia. Quando, dal buio, una luce soffusa illumina i tendoni del palco, rigorosamente chiusi, il silenzio cala sugli spettatori e il presentatore, microfono in mano, prende fiato.
Le parole iniziano a confondersi con la musica, che compare all’aprirsi del sipario.
Basso, chitarra, batteria, tastiera e
tromba si fondono insieme su note che quasi fluttuano per la sala, e
trasportano un incanto che solo un vero cacciatore di sogni può percepire dal
primo istante, vedendolo attraversare gli occhi di chi si gode la
spensieratezza della musica, e diffondersi anche sui volti di chi, venuto
controvoglia, ora si ritrova a sorridere inconsapevole.
Forse non tutti la sentiranno al primo
istante. Forse qualcuno la coglierà quando, alzatosi in piedi, farà su e giù
con la testa a ritmo di rock. Altri quando vedranno una delle professoresse,
prima rintanata il più lontano possibile dalle casse, ballare in mezzo alla
sala con un alunno intrepido. I più romantici, forse, riconosceranno la
ritrovata magia del Natale solo quando, per il brano di chiusura, si
ritroveranno incastrati tra i propri compagni ad abbracciarsi e a dondolarsi
insieme sulle note di una canzone malinconica.
Forse, usciti da quella sala, non tutti
risponderanno subito che Babbo Natale è una storia per bambini. Che nessuno ci
crede più una volta cresciuto. Perché, forse, su quel palco e attraverso quella
musica, la magia del Natale sarà tornata a vibrare.
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