Vito Fiorino e quella notte del 3 ottobre 2013: un giusto al Liceo “Archimede” di Acireale

Nella Giornata europea dei Giusti, a poco più di un anno dall'introduzione del cosiddetto "decreto ong", il decreto in materia di immigrazione che stabilisce norme restrittive sul tema della ricerca e del soccorso in mare, raccontiamo la storia di Vito Fiorino, soccorritore di naufraghi.


di Marco Chiarenza e Sara Francesca Pappalardo

«Chi salva una vita, salva il mondo intero» recita il Talmud, la guida della vita ebraica. Qui leggiamo che in ogni momento della storia sparsi per il mondo agiscono per volere di Dio trentasei uomini e donne giusti.

Ma chi è un giusto? Rispondere a questo interrogativo non è facile e, forse, neanche scontato. In un mondo frenetico, in cui si è spesso troppo rinchiusi in sé stessi, porsi questa domanda richiede un grande sforzo etico. Rispondere significa guardare non solo alla singola azione e alle leggi che la regolano ma riflettere su volontà, pensieri e valori che animano quell’azione. Ad esempio, salvare vite umane è giusto? Tutti noi siamo sicuramente d’accordo di sì. E salvare migranti in mare perché non tutti sono allo stesso modo d’accordo che sia giusto? Eppure, l’imperativo morale non cambia.

Così la notte del 3 ottobre 2013, per destino o per puro caso, si ritrovò in mezzo al mare Vito Fiorino, falegname e pescatore per passione, ospite qualche settimana fa del Liceo “Archimede” di Acireale dove ha portato la sua testimonianza. Non sarebbe dovuto partire con la sua barca e i suoi compagni, ma alla fine era stato così, non sarebbero dovuti rimanere durante la notte, ma lo avevano fatto. Una volta in mare erano dunque rimasti fino alle prime ore del giorno, fino a quando non avevano sentito «vuciare». Non compresero immediatamente la provenienza di quelle grida, ma avvicinandosi si fece chiaro ai loro occhi lo scenario. Il mare era pieno di uomini e donne che nudi provavano a nuotare nell'acqua alta, scivolando in mezzo al petrolio che si era disperso a causa di un guasto sulla loro logora imbarcazione. Il panico aveva reso azzardate le scelte del marinaio che per attirare l'attenzione aveva acceso una maglietta e l'aveva sventolata. Il fuoco si era appiccato gradualmente sull'imbarcazione e in breve la nave era affondata e delle cinquecento persone che si erano imbarcate ne rimanevano a galla circa duecento, ricorda Vito Fiorino. Ma lui ancora non era a conoscenza di queste informazioni, l'unico pensiero in quel momento era salvare «anche una sola vita». La capienza della barca avrebbe raggiunto il completo con un solo componente in più, ma quando vedi negli occhi la speranza e il dolore misti insieme senti sulle tue spalle la responsabilità di ciascuna di quelle vite. Tu diventi il loro salvatore, il loro secondo padre che per la seconda volta li farai rinascere. Sarebbero morti tutti se nessuno fosse già stato lì in mare ad aiutarli, ma quella notte c'era Vito e con lui i suoi compagni che di vite ne salvarono quarantasette.

Quella notte si è verificato uno dei più gravi naufragi al largo delle coste di Lampedusa in cui centinaia di persone hanno perso la vita mentre cercavano di fuggire dal loro Paese in cerca di un futuro migliore. Quella notte c’era uno dei trentasei uomini giusti.

Per il suo coraggio, il suo impegno e la sua umanità, per le vite che ha salvato pur rischiando la propria vita, nel 2018 Vito Fiorino ha ricevuto da Gariwo (Garden of the Righteous Worldwide – ente milanese) il titolo di Giusto tra le nazioni.


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