In ricordo di Mario Marano, l’acese che donò 280mila dollari alla sua città natale

Con il consigliere comunale Giuseppe Ferlito ricordiamo il gesto del filantropo emigrato in America che nel 2017 lasciò alla sua morte una cospicua eredità al Comune di Acireale 


 
Santa Maria la Scala - Acireale - Veduta dalla Riserva La Timpa

di Gabriele Caruso Rasà

Sta per concludersi ad Acireale (in provincia di Catania) un mese ricco di eventi e iniziative dedicate alla cultura, occasioni preziose per il territorio e per la sua gente che si mostra partecipe e sensibile. In questo clima di bellezza, il nostro pensiero va ad un acese che, benché ormai distante da tempo dalla sua amata città natale, decise nel 2017 di lasciarle una cospicua eredità: stiamo parlando del filantropo Mario Marano. Forse qualcuno si ricorderà di questa notizia di qualche anno fa. Per mantenere vivo il ricordo del suo gesto, fortemente concreto ma anche dall’alto valore simbolico, abbiamo intervistato il consigliere comunale Giuseppe Ferlito che si è mostrato felice di ripercorrere la generosità di Marano con i lettori del nostro blog.


Chi era Marano Mario?

«Era un emigrato che da Acireale, compiuti gli studi presso l’attuale Liceo “Regina Elena”, a 20 anni fu costretto ad allontanarsene con la sua famiglia per raggiungere l’America. Era il 1963. Giunto in New Jersey, conseguì una laurea in Scienze Commerciali con il massimo dei voti ed ebbe incarichi nella Pubblica Amministrazione a stelle e strisce. Fu anche rappresentante del Centro orientamento emigrati siciliani potendo così sostenere diversi progetti volti a diffondere la cultura siciliana all’estero. Morto nell’agosto del 2017, lasciò al nostro Comune 280mila dollari».


Cosa ci può dire su questa somma?

«Nel caso specifico ha lasciato 150mila dollari alla Fondazione Teatro Bellini, 30mila dollari alla Basilica di S. Sebastiano e 100mila dollari per la realizzazione di un’opera simbolo dell’emigrazione dei siciliani all’estero. Tale opera verrà edificata nel borgo marinaro di Santa Maria La Scala, nella Piazza degli Emigranti di Sicilia, cioè nella parte finale di via Molino che sfocia sul mare».


Perché proprio a Santa Maria La Scala? 

«Per la sua storia la frazione di Santa Maria La Scala è divenuta simbolo della migrazione siciliana. Non a caso è gemellata con una città in Argentina, dove nel corso del Novecento sono andati a vivere tanti scaloti e dove oggi vivono circa 5mila acesi».


Gli emigranti siciliani e italiani sono davvero tanti?

«Certamente! Sono tantissimi non solo coloro che sono emigrati all’estero ma anche gli italiani all’estero che mantengono qui la cittadinanza e che votano regolarmente. Il fenomeno dell’emigrazione è, come detto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un fenomeno complesso dello sviluppo sociale ed economico del nostro Paese. La nostra è una lunga storia di migrazioni».


Secondo lei, cosa ha spinto Marano a un gesto così importante?

«Forse il messaggio che voleva lasciarci era proprio questo: “Io, migrante pensavo sempre alla mia Acireale lontana, non pensiate che i migranti vogliono stare in una terra che non è la loro, la ricerca del lavoro è importante ma a volte va in contrasto con il desiderio di tornare”. La scelta di lasciare una cospicua somma deriva dal gesto simbolico che gli emigranti italiani in America definiscono give back, come una forma di riconoscenza alla propria terra natale, un ritorno desiderato virtuale nelle terre d’origine che non vengono mai dimenticate».





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